Il ricamo è una meditazione attiva che forza a concentrarsi sul momento. Ogni punto dato significa fermare quell’attimo: situarlo spazialmente tra i millimetri della tela e appuntarlo nel tempo mentre l’ago fende il tessuto. Qui e adesso.
Il rammendo racconta di cura e d’amore, di dare una seconda, una terza, una quarta chance, limita gli sprechi e l’inquinamento, rappresenta ciò che il mondo dovrebbe essere. Forse anche per questo ho sentito l’esigenza di guardare al passato per la scelta dei materiali.
Come base, ho usato il corredo che mia nonna si fece nel ‘39, tessuto completamente a mano per crearsi la dote. Ritracciare il filo col passato è stata una questione allo stesso tempo pratica ed emotiva: lei che si tesse le lenzuola e io che, ottant’anni dopo, ci ricamo sopra disegnando quello che vorrei fosse il futuro.
Come filo, quello da imbastire resta il mio preferito: senza pretese e destinato a non durare, come noi e come l’arte che produciamo. Eppure è questo a comporre giardini incantati, pesci, uccelli, soli, costellazioni, corsi d’acqua che scorre: sincera, salvifica e sacra. Così come siamo noi a dare significato al punto che segniamo su una tela per un disegno intuitivo, vasto e universale.